Il lavoro che cambia:

lo Smart City Manager

Il lavoro che cambia: lo Smart City Manager

È palese che lo scenario urbano sia in continua evoluzione e ormai sono anni che si studiano progetti per trasformare le città in smart city. Così come cambiano i luoghi in cui viviamo e lavoriamo, anche la vita quotidiana di generazione in generazione sta mutando. E così pure il mondo del lavoro: sono gli anni delle start-up, dei fab lab, dello smart working. Si vanno quindi a delineare vere e proprie figure professionali e, per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione, una di queste è lo Smart City Manager.

Céline Vanderborght ricopre il ruolo di Smart City Manager per la Regione di Bruxelles-Capitale dal 2015 e sostiene che “città” dovrebbe sempre avere la precedenza su “intelligente”. L’interesse è quindi rivolto alla città reale. Una città intelligente non è tale per la massiccia dose di nuove tecnologie integrate di cui è composta, ma per la capacità della collaborazione pubblico-privata di rendere gli spazi urbani più vivibili, pensati apposta per un maggiore comfort dei cittadini e improntati alla sostenibilità ambientale.

Le sfide che le città devono affrontare sono enormi: popolazione, energia, mobilità, educazione, consumi, integrazione e tanti altri. Ed è per questo che è utile individuare un’unità organizzativa dedicata alla pianificazione di progetti smart city. Progetti che vanno da nuovi modi di trasporto ad applicazioni innovative da integrare nella vita quotidiana. Infatti, come sostiene Anthony Townsend della New York University, “una smart city è un luogo in cui le soluzioni ITC sono combinate con le infrastrutture, le architetture, gli oggetti quotidiani e persino il nostro corpo per affrontare i problemi sociali, economici ed ambientali”.

La figura dello Smart City Manager si delinea quindi per le responsabilità e le competenze in questo settore, fungendo da ponte tra i servizi offerti alla comunità e i cittadini, elaborando un uso sostenibile delle risorse naturali e perseguendo una politica locale partecipativa. Ad esempio, per quanto riguarda la smart mobility, l’uso efficiente dei mezzi è il task centrale su cui lavorare per diminuire il traffico, evitare le congestioni e abbassare anche il livello di inquinamento. Perché il fine ultimo è sempre quello di migliorare la qualità della vita delle persone.

È quindi un ruolo fondamentale di guida per la gestione dei progetti che, una volta studiati e confermati, devono essere incubati e messi in pratica da una figura specializzata che, per esperienza e competenza, sia effettivamente in grado di seguire l’implementazione di questi progetti, coordinando le risorse necessarie e gli attori coinvolti. Perché per fare quel passettino in più, per passare dalla teoria alla pratica, non servono solo gli investimenti, ma anche un professionista chiamato ad interpretare diversi ruoli, che sia immerso all’interno dell’organizzazione e il cui lavoro si connoti per la forte componente multidimensionale e relazionale. Perché per creare una smart city, il lavoro da svolgere è, sotto tutti i punti di vista, per i cittadini e con i cittadini.

Ora, le questioni che rimangono aperte sono diverse: quale sarà la figura più indicata per ricoprire questo ruolo? Il servizio sarà erogato dal comune? Saranno quindi istituiti dei bandi? Sono domande che bisogna porsi, ma soprattutto che richiedono risposte. Trovare la figura ideale vuol dire infatti valutare il giusto connubio tra competenze tecniche, organizzative e umanistiche.

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