{"id":2707,"date":"2018-08-28T10:29:17","date_gmt":"2018-08-28T08:29:17","guid":{"rendered":"http:\/\/www.elmat.com\/blog\/?p=2707"},"modified":"2018-10-25T15:58:27","modified_gmt":"2018-10-25T13:58:27","slug":"wifi-fingerprints-la-soluzione-intelligente","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.elmat.com\/blog\/wifi-fingerprints-la-soluzione-intelligente\/","title":{"rendered":"WI-FI FINGERPRINTS: UNA SOLUZIONE INTELLIGENTE"},"content":{"rendered":"

L\u2019esigenza di conoscere la posizione di personale, oggetti, beni e macchinari al \ufb01ne di poter meglio monitorare i processi e la sicurezza \u00e8 ormai elemento imprescindibile nel mercato odierno di Smart Industry e Industria 4.0<\/strong>.
\nIl mondo della navigazione indoor<\/strong> si concentra nello sfruttare l\u2019ambiente e le tecnologie presenti, o comunque di facile reperibilit\u00e0, per offrire all\u2019utente la possibilit\u00e0 di orientarsi anche in ambienti con numerose barriere architettoniche avvalendosi inoltre di un\u2019elevata scalabilit\u00e0.<\/strong> Il risultato ottenuto da queste tecniche non fornir\u00e0 un dato di posizione “assoluto”, come normalmente restituito da un\u2019interrogazione GPS, bens\u00ec una posizione \u201crelativa” che deve poi essere interpretata correttamente a seconda del contesto.
\nTecniche che si posizionano in questa fascia sfruttano tecnologie come infra- rossi (IR), Bluetooth, identi\ufb01cazione a radio frequenza (RFID), ultrasuoni, tecniche di riconoscimento mediante tracciamento ottico e tecniche basate sui segnali wireless (RSSI techniques)
\nIl principio legato alla tecnica di posizionamento ad infrarossi<\/strong> \u00e8 sintetizzabile con l\u2019immagine del labirinto, utile a comprendere sia il funzionamento che i limiti di questo sistema, mentre per quanto riguarda il bluetooth le interferenze non sono date da ostacoli fisici ma dal rapportarsi dei ricevitori stessi.
\nDiscorso analogo pu\u00f2 essere fatto per gli ultrasuoni<\/strong>, il cui impulso pu\u00f2 essere influenzato dalla presenza di ostacoli e i cui vantaggi dati da economicit\u00e0 e facilit\u00e0 di trasporto si infrangono contro l\u2019alta complessit\u00e0 di posizionamento della matrice di sensori.
\nLe tecniche RFID<\/strong> invece possono essere basate su singola cella (la localizzazione prende come riferimento il tag pi\u00f9 vicino) o multilaterazione (segnale raggiunto da almeno tre celle distinte e successiva triangolazione) ma soffrono ambedue fortemente della cosiddetta \u201cmultipath propagation\u201d.
\nLa localizzazione mediante tracciamento ottico<\/strong> \u00e8 un caso a parte in quanto necessita del contatto visivo fra il soggetto da localizzare e il sistema di localizzazione. La precisione derivante dall\u2019uso di questo sistema \u00e8 ovviamente molto alta ma ci\u00f2 avviene a discapito dei costi dell\u2019infrastruttura. Un sistema di questo tipo trova il suo contesto ideale in ambienti statici dove il concetto di real-time costituisce un fattore chiave
\nUltimo caso \u00e8 quello rappresentato dalle tecniche di localizzazione basate sul raggio d\u2019azione (RSSI<\/strong>) il cui algoritmo \u00e8 basato sulla stima della potenza del segnale trasmesso, calcolata partendo dall\u2019intensit\u00e0 percepita dall\u2019antenna che riceve il segnale, al netto della perdita di intensit\u00e0 dovuta alla distanza dell\u2019emettitore. Il numero di emettitori e la tecnica del loro posizionamento determiner\u00e0 se andremo ad avvalerci della multilaterazione e di che tipo sar\u00e0. A fronte del risparmio dal punto di vista computazionale, anche qui, come nel caso precedente, gli svantaggi pratici saranno dovuti all\u2019elevato costo dell\u2019hardware.
\nPartendo da questi esempi chiave possiamo desumere che i parametri da monitorare<\/strong> quando si vogliono valutare le tecniche di localizzazione indoor saranno la complessit\u00e0 del software e i relativi costi computazionali, la robustezza intrinseca del sistema (ossia la capacit\u00e0 di operare correttamente anche condizioni non ottimali) e la sua scalabilit\u00e0.<\/p>\n

\"\"<\/a><\/p>\n

In questo quadro il Wi-Fi Fingerprinting<\/strong>, appartenente alle tecniche RSSI, permette di sfruttare access point pre-esistenti all\u2019interno di un ambiente al \ufb01ne di restituire la posizione di un dispositivo dotato di antenna senza sistema hardware dedicato. La localizzazione essendo elaborata unicamente dal software che si occupa di analizzare ed elaborare i dati provenienti dai diversi AP ha come unica infrastruttura di supporto la rete WLAN con costi d\u2019implementazione prossimi allo zero<\/strong>.
\nLa tecnica si risolve quindi nel rilevamento dei segnali Wi-Fi presenti in una determinata area al \ufb01ne di ottenere “un\u2019impronta digitale” disponibile ad uno o pi\u00f9 client per consentire loro la localizzazione; la posizione verr\u00e0 calcolata mediante un algoritmo di cluster-matching, ovvero trovando fra tutte le rilevazioni salvate in precedenza quale meglio si approssima alla rilevazione effettuata a run-time dal terminale dell\u2019utente (ergo una eco della stanza che pi\u00f9 si avvicina a quella rilevata dal client dotato di antenna WiFi e non una vera e propria indicazione topografica).
\nFase propedeutica of\ufb02ine<\/strong> sar\u00e0 la suddivisione dell\u2019ambiente in Reference Points (RP) per i quali vengono effettuate una o pi\u00f9 scansioni degli access point (AP) circostanti volte a costruire la mappa dell\u2019ambiente poi salvata in database. Questa sar\u00e0 seguita da una online<\/strong> in cui viene effettuata una scansione degli AP che costituisce una sorta di \u201cReference Point dinamico\u201d da confrontare con tutti quelli presenti in memoria. Al termine della fase online l\u2019utente ottiene un\u2019indicazione della sua posizione corrispondente al RP pi\u00f9 simile a quello da lui rilevato.
\nUno studio interessante, condotto dal Centro di Ricerca per la comunicazione dell\u2019Harbin Institute of Technology, ha dimostrato come l\u2019avere una altissima concentrazione di AP non determini per forza un miglioramento in termini di accuratezza della localizzazione. Ogni AP non ha la stessa importanza all\u2019interno di un sistema, motivo per cui, per evitare di immettere nel sistema informazioni non necessarie, si dovranno seguire precisi criteri di selezione.
\nL\u2019analisi dei vecchi modelli utilizzati (Fisher, Joint Clustering, IGT, etc. ) ha portato alla luce alcuni evidenti limiti superabili per\u00f2 da una oculata partizione dell\u2019ambiente in cluster e nell\u2019utilizzo del Compressive Sensing.
\nNel primo caso l\u2019algoritmo utilizzato partiziona l\u2019area in sotto-regioni, considerando come discriminante l\u2019RSS percepito da un AP; se l\u2019insieme dei valori di tutti gli AP mantiene nel tempo un valore stabile, allora questo gruppo appartiene alla stessa area.
\nL\u2019uso del Compressive Sensing<\/strong> permette invece di ridurre la dimensione dei dati necessari a descrivere il \ufb01ngerprint di un reference point, riuscendo comunque a ritornare ad un\u2019immagine attendibile senza introdurre errori. Gli esperimenti fatti hanno dimostrato che utilizzando solo il 10% dei dati consente di risalire comunque all\u2019intero sistema con un tasso d\u2019errore inferiore al 16%.
\nL\u2019obiettivo \u00e8 quello di far decrescere progressivamente e in maniera signi\ufb01cativa il numero di misurazioni rendendo pi\u00f9 snello l\u2019altrimenti dispendioso mantenimento della radio map.
\nLimite in cui, malgrado queste contromisure, il Wi-Fi \ufb01ngerprinting continua ad incappare \u00e8 quello di una potenziale multipath propagation<\/strong>. Occorre evidenziare inoltre che il campo di applicazione pratica di questa tecnica non possa essere troppo soggetto a variazioni improvvise (ad esempio un ambiente domestico) pena l\u2019imprecisione della rilevazione. Proprio per questo \u00e8 fondamentale effettuare un elevato numero di rilevazioni ad intervalli costanti e cadenzati nel tempo per far s\u00ec che la stima del \ufb01ngerprint sia attendibile.
\nUna prova sperimentale \u00e8 stata realizzata in un reale ambiente domestico, di circa 150 metri quadrati, con l\u2019impossibilit\u00e0 di ricreare una rete di AP ad hoc per la rilevazione, dovendo quindi sfruttare solamente gli access point gi\u00e0 presenti nell\u2019edi\ufb01cio, questo per poter veri\ufb01care la scalabilit\u00e0 del sistema in tutti i tipi di contesti indoor. Prima di poter mettere in funzione il sistema \u00e8 stato necessario disegnare la mappa dell\u2019edi\ufb01cio, al \ufb01ne di suddividere l\u2019appartamento in Reference Points consistenti, ciascuno della grandezza di circa 4 mq. Una volta effettuata la divisione \u00e8 stata installata l\u2019app sul device per effettuare la rilevazione all\u2019interno delle stanze.
\nIl risultato<\/strong> ottenuto dimostra un\u2019accuratezza della risposta pari al 1,5 metri (quindi una localizzazione della stanza corretta) ma anche una resilienza relativamente precaria poich\u00e9 non in grado di reagire a forti variazioni. Se a ci\u00f2 per\u00f2 andiamo ad affiancare una complessit\u00e0 irrisoria, un costo d\u2019infrastruttura composto unicamente da smartphone e access point e una manutenzione che si attiva a seconda delle oscillazioni del contesto, il computo finale \u00e8 pi\u00f9 che positivo.
\nL\u2019elemento infine che di diritto va a collocarla come tecnologia appetibile a tutti gli effetti \u00e8 quello dell\u2019alta scalabilit\u00e0 che la rende adatta sia per ambienti relativamente ridotti sia per spazi grandi in cui, anzi, si rivela ancor pi\u00f9 performante.<\/p>\n

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